CERSAIE

Conferenza

What If: la conferenza al Cersaie che ha riscritto la storia del design

Hai mai pensato a cosa sarebbe successo se la minigonna non fosse mai stata inventata? O se Charles e Ray Eames non avessero mai disegnato la loro Wire Chair?

Il 24 settembre 2025, insieme ad Azzurra Immediato, ho avuto l’opportunità di esplorare proprio queste domande durante una conferenza al Cersaie, tenuta presso la sede di IAAD Bologna. Il tema? What If – cosa sarebbe accaduto se alcuni dei progetti più iconici del design e della moda non fossero mai nati.

Non è stata una classica conferenza frontale. Abbiamo scelto un formato diverso: una chiacchierata interattiva, dove il pubblico non era spettatore passivo ma protagonista attivo. Pensaci: quando parli di design, soprattutto di quello che ha plasmato il nostro quotidiano, le domande nascono spontanee. E le domande del pubblico al Cersaie sono state esattamente quello che speravamo: interessanti, provocatorie, coinvolgenti.

Avevamo preparato una scaletta precisa – era necessario, dato che stavamo attraversando un periodo storico denso e rivoluzionario, dagli anni ’40 agli anni ’70. Ma la magia è stata proprio nel dialogo che si è creato.





I progetti che hanno cambiato tutto (o forse no?)

Facciamo un esempio concreto. Abbiamo parlato della Navy Chair, quella seduta robusta nata per la marina militare americana che poi è diventata un’icona del design civile. Cosa sarebbe successo se Emeco non l’avesse mai prodotta? Il design industriale avrebbe perso uno dei suoi primi, veri manifesti di durabilità e funzionalità senza tempo.

E poi c’è il bikini. Sì, proprio lui. Nel 1946 fece scandalo, cambiò per sempre il costume da bagno e, di riflesso, il rapporto delle donne con il proprio corpo e con la libertà. Eliminalo dalla storia e togli un tassello fondamentale dell’emancipazione femminile del dopoguerra.

Abbiamo esplorato la Wire Chair di Charles e Ray Eames – quella struttura essenziale in metallo che dimostrava come la tecnologia potesse incontrare l’eleganza. Abbiamo discusso della minigonna, che non era solo un capo d’abbigliamento ma una dichiarazione generazionale. Abbiamo viaggiato nello Space Age, quando il design guardava alle stelle e immaginava futuri che oggi sembrano retrofuturi.

E naturalmente, non potevano mancare le sedie. La Panton Chair di Verner Panton – la prima sedia in plastica stampata a iniezione in un unico pezzo. Pensa a quante sedie oggi derivano da quell’intuizione rivoluzionaria. E la seduta universaledi Joe Colombo, pensata per adattarsi a ogni corpo e ogni situazione.

Abbiamo chiuso con i progetti Visiona – quegli ambienti futuristici ideati da Panton e Colombo che erano veri e propri laboratori di immaginazione. Luoghi dove il design diventava esperienza totale.

Quella conferenza al Cersaie non voleva essere un semplice excursus storico. Voleva porre una domanda più profonda: quanto il design influenza davvero la nostra vita? E soprattutto: siamo consapevoli di quanto certi oggetti, certe scelte progettuali, abbiano determinato il modo in cui viviamo, ci vestiamo, ci sediamo, pensiamo gli spazi?

Eliminare mentalmente questi progetti dalla storia significa capire quanto fossero necessari. O quanto, forse, abbiamo creduto lo fossero. È un esercizio che ti costringe a guardare il design non come una sequenza di belle forme, ma come una rete di connessioni culturali, tecnologiche, sociali.

Il pubblico lo ha capito subito. Le domande non riguardavano solo “com’era fatta quella sedia” ma “cosa avrebbe significato non averla”. Questo è il tipo di conversazione che rende vivo il design: quando smette di essere forma e diventa significato.